Rifiuti: senza End of Waste il riciclo degli inerti rischia di bloccarsi
Dopo più di due anni di intenso confronto con il Ministero dell’Ambiente e con ISPRA, alcune Associazioni di categoria (CNA nazionale, Confartigianato Imprese, Federbeton con ATECAP, FISE Unicircular, ANPAR, Legacoop Produzione e Servizi e il supporto di Centro Materia Rinnovabile) hanno inviato una lettera al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa chiedendo il suo coinvolgimento per accelerare e portare a termine un importante Regolamento End of Waste relativo ai rifiuti inerti da costruzione e demolizione (C&D).
L’End of Waste – cioè il fatto che, a certe condizioni, alcuni rifiuti non vengano più considerati tali e possano essere impiegati nei processi di produzione – è una condizione essenziale perché le imprese possano diventare protagoniste dell’Economia circolare.
In particolare, la valorizzazione dei rifiuti da C&D è una questione nodale per l’economia del Paese; è un problema che coinvolge decine di migliaia di imprese e migliaia di impianti di recupero. Secondo il recente Rapporto ISPRA Rifiuti Speciali 2019, il flusso di rifiuti “tracciati” arriva a 57 milioni di tonnellate all’anno (il 41% del totale), ma a questi si aggiungono enormi quantitativi di materiali “non identificati”, dispersi nel territorio, che costituiscono un danno per l’ambiente e un costo per la collettività.
Stabilire regole chiare attraverso le quali poter valorizzare pienamente questi materiali nelle costruzioni è quindi un passo importante per l’economia di un settore che negli ultimi anni ha perso più di 500.000 posti di lavoro e può trovare una importante leva di ripresa proprio nell’Economia circolare.
Si tratta di conciliare criteri ambientali, nel rispetto delle norme in materia, e criteri tecnico industriali, che derivano dalle norme tecniche armonizzate europee e dall’esperienza operativa delle imprese.
L’obiettivo è arrivare alla redazione di un nuovo testo di Regolamento End of Waste per i rifiuti da Costruzione e Demolizione, diverso dalla bozza fino ad oggi elaborata, che preveda analisi e verifiche assolutamente rigorose ma costruite a misura degli scopi specifici ai quali “la sostanza o l’oggetto è destinato” (si veda art.6, par. 1, Direttiva 2008/98).
Per questo motivo le Associazioni confidano che il Ministro Costa dia una sua indicazione per favorire il riavvio di una piena collaborazione tra le parti e il trasferimento, dalle Associazioni a ISPRA, delle innovazioni industriali e delle pratiche consolidate che possano risultare utili per una migliore messa a punto degli aspetti tecnici del Regolamento.
Le Associazioni firmatarie di questa lettera al Ministro hanno sottoscritto, lo scorso 25 luglio, anche l’Appello al Governo e al Parlamento per sboccare il cosiddetto End of Waste “caso per caso” che rappresenta una problematica strettamente connessa a quella qui esposta e con conseguenze drammatiche per le aziende del recupero.
“Valorizzare gli scarti dei processi produttivi significa ridurre il ricorso a risorse non rinnovabili, il conferimento in discarica e, nello stesso tempo, le emissioni di CO2. Il settore del calcestruzzo può dare un prezioso contributo a tutto ciò, grazie all’impiego di aggregati da riciclo in sostituzione di quelli naturali: abbiamo stimato che su una produzione attuale di circa 27 milioni di metri cubi di calcestruzzo, si potrebbe ottenere un risparmio di aggregati naturali di 15 milioni di tonnellate, cioè un mancato conferimento in discarica di scarti delle costruzioni pari a circa il 10% del totale di rifiuti speciali generati in Italia. Sono potenzialità enormi che non vanno perse, ma per farlo serve emanare al più presto un decreto end of waste sui rifiuti inerti che insieme alla tutela ambientale consenta di mettere sul mercato prodotti rispondenti alle prestazioni richieste.” Questo il commento del Presidente dell’Atecap Andrea Bolondi.
“Dopo due anni di intenso lavoro e nonostante le continue richieste avanzate dalle nostre Associazioni – commenta Paolo Barberi, Presidente ANPAR aderente a FISE Unicircular - la bozza messa a punto dal Ministero con ISPRA non contiene alcun elemento di innovazione in quanto riproduce gli stessi limiti operativi e concettuali di 20 anni fa. L’impiego nella produzione di calcestruzzi non è che un esempio dei molteplici usi degli aggregati che si possono ottenere dal riciclo dei 57 milioni di tonnellate di rifiuti inerti (tracciati) generati ogni anno nel nostro Paese. In questo momento, le aziende di tutta la filiera si trovano in una situazione paradossale, tra l’incudine ed il martello: da una parte, prigioniere di norme statali per il riciclo vecchissime e ormai superate che il Ministero non adegua al progresso tecnologico e ai nuovi usi tecnici e commerciali; dall’altra, impossibilitate a richiedere che questo adeguamento possa essere autorizzato dalle regioni con provvedimenti per i singoli impianti, a causa delle norme inserite nello Sblocca cantieri che hanno tolto questa competenza alle Regioni per demandarla allo Stato.”
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